I personaggi della Mandragola si affannano e tendono trame in una società in cui i soli motori sono il profitto e la lussuria: dove lo spettro del peccato e dell’inferno medievale è stato oramai esorcizzato da un bieco opportunismo e la giustizia riposa tra gli sbiaditi contorni della frase “quello è bene che facci bene ai più e che i più se ne contentino”.
Una società, quindi, ben poco differente dalla nostra.
Scritto tra il 1514 e il 1518 questo badalucco (così lo definisce l’autore) narra le vicende fiorentine di Callimaco, un “amante meschino” che guidato da un “parassita di malizia il cucco” di nome Ligurio, tenta con un artificioso e rocambolesco inganno ai danni del poco astuto Dottor Nicia, di giacere con la moglie di quest’ultimo: la purissima Lucrezia, la cui fama di bellezza è tale da raggiungere Parigi…
La divertente truffa dell’autore del Principe tenterà, nella messa in scena della Sus Babi Teatro, di smascherare l’ipocrisia celata dietro la parola giustizia da una generazione imbastardita come è quella degli attori che rappresenteranno la commedia; interpretando sul palco dei funambolici personaggi in equilibrio sul sottile confine tra interesse ed etica. La bassezza dei moventi e la finezza strategica dei mezzi, la prosaicità degli intenti e la chirurgica ratio nell’agire, fanno sì che oggi (come ai tempi di coloro le cui vicende ci narra Machiavelli) il mezzo è spesso in grado di obliare il fine, soverchiandolo oltre che giustificandolo. Per questo scivolando sulle macerie di valori lasciati da una crisi che ha stravolto le coscienze, i personaggi della Mandragola si prestano perfettamente a diventare exempla di quella che potrebbe essere una divertente quanto desolante rifondazione di un catalogo di valori contemporanei.
di Niccolò Machiavelli
regia Alessandro Marmorini
Una produzione I Due della Città del Sole in collaborazione con Sus Babi Teatro
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Foto di Samanta Sollima
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