FINALE DI PARTITA

Finale di Partita è la storia di un padre che tiene accanto a sé un figlio che vuole cominciare a vivere e due genitori che vogliono continuare a morire.
E’ il dramma di un ragazzo che chiede un distacco, ma il cui vero nemico è la sua stessa angoscia di andar via.
E’ la farsa di un uomo e una donna passati a miglior vita, ma tenuti vivi dalle psicosi di un figlio ormai anziano.
Questo è il nostro Finale di Partita: una concretissima vicenda familiare in cima a un faro. Fra l’oceano e il deserto. Fra morti e vivi. Fra chi non può mai alzarsi e chi non può mai sedersi.
Immersi in questi opposti che, in Beckett, più che toccarsi, si invadono, si confondono, si ribaltano gli uni negli altri. E che, più che contribuire a confermare un antico malinteso ‘assurdo’, aiutano a sviluppare il contesto vivo, reale, comico, disperato, eterno, devastante che questa storia contiene.
Altro che minimalismo. Altro che assurdità. Solo la tac di una cosa, la vita, che a guardarla attentamente, non si racconta come minima e assurda, ma, in quanto minima e assurda. Con la più assoluta naturalezza, la più dissoluta semplicità. Perché i simboli vanno recitati come l’aria che si respira. Perché i genitori di Hamm non sono rappresentati in due bidoni dell’immondizia, ma psichicamente vissuti, dal figlio, in quei bidoni. Al di là dell’amare, al di là del vedere.
Finale di Partita è quel luogo, quella carne viva in cui, svelando una miseria, si riconosce una grandezza. E’ la freudiana catarsi; quella in cui, pattuita, dell’immensità del male e dell’amare, la loro inesorabile irrisorietà, si esce, dall’ultima seduta con la sensazione di potersela finalmente fare una passeggiata leggera, su questo mappamondo, su questa mappavita.

FINALE DI PARTITA 1

di Samuel Beckett
regia Filippo Gili
con Giorgio Colangeli
e con Giancarlo Nicoletti, Matteo Quinzi e Olivia Cordsen

Una coproduzione I due della città del sole e Altra scena